Sulla tela si sommano porzioni di territorio prelevate in luoghi circoscritti, lungo un confine, entro dei confini. Sono materiali artificiali e naturali, sono terra, sassi, sabbia, oggetti abbandonati di diversa natura che sovrappongono sulla tela nuove tracce, nuovi paesaggi, nuovi orizzonti, nuove visoni, senza cornici. E' materia che, trasferitasi dal legame con le sue origini spaziali e temporali, semplicemente si lascia essere senza essere definita, senza essere circoscritta. E' materia che osserva, che ci osserva, che osserva il nostro occhio vagabondare in cerca di riferimenti, riferimenti che si sono persi e continuano a smarrirsi. E' l’allucinazione di un territorio che è stato. La porzione di spazio dislocato sulla tela si stratifica secondo silenti energie primordiali a noi apparentemente sconosciute. Il suo senso ci tocca vibrante al cospetto della tela, vive. Esso è ora materia che si lascia essere, esso è, e persa ogni rappresentazione che lo rendeva irriconoscibile si rende visibile. La sua identità proviene da sé stesso soltanto e sfugge ogni definizione precedentemente acquisita. Il luogo che lascia alle sue spalle non può più definirsi il medesimo di prima, poiché dislocandone una parte resta decostruito, subisce uno stacco che lo rende altro da sé. Dislocando lo spazio la nozione di identità spaziale e di confine si perde. Così come ad ogni passo le nostre suole mescolano i territori che calpestiamo, così i confini e le identità degli stessi si sciolgono nell’eterno indefinito della materia.